
La disperata richiesta di aiuto per la loro madre da parte dei due figli è l’ennesimo segnale della gravità della condizione in cui versano le donne vittime dell’estremismo religioso, Sakineh è stata condannata al medievale supplizio della lapidazione.
C’è qualcosa di assolutamente scioccante in tutto ciò. Sakineh sarà interrata fino al petto, le mani legate dietro la schiena, imbustata in un lenzuolo bianco e poi colpita da pietre, tante pietre, che devono essere di dimensioni adeguate: né troppo grandi – tali da causare una morte eccessivamente repentina – né troppo piccole – tali da non provocare danni importanti, le tireranno le pietre in nome di Dio, ma quale Dio???
Sakineh non averebbe mai dovuto trovarsi in carcere e i primi a insorgere dovrebbero essere proprio i mussulmani, almeno quelli cui piace essere definiti “moderati”. Mai come in questo caso il silenzio sarà sinonimo di un tetro assenso,in quanto tutto questo mette le coscienze libere di fronte a una questione di capitale importanza: in che modo cercare e ottenere il dialogo con culture che, facendosi scudo di una religione, ancora prevedono pratiche barbariche come la tortura, la morte o l’amputazione per fatti che non dovrebbero neanche costituire reato?
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