
Il titolo più qualificato per ottenere un incarico di rilievo era il colore politico, rosso ovviamente, lo stesso colore che ha governato per ben 5 anni la nostra Regione, 5 anni di affari personali, 5 anni in cui la sanità pugliese è stata devastata da una raffica di inchieste e una montagna di debiti che, nonostante le parole rassicuranti ribadite più volte dal governatore “capo” di Sinistra e Libertà, Nichi Vendola, hanno raggiunto la cifra record di circa un miliardo di euro. E adesso, alla vigilia delle elezioni regionali, l’ennesimo scandalo rischia di avere conseguenze politiche in una sinistra pugliese già lacerata dalle aspre frizioni all’interno del Partito democratico.
E’ questo l’inquietante scenario emerso dagli accertamenti di Carabinieri e Guardia di finanza , uno scenario a prova di spy-story dove politici e dirigenti, per tentare di sviare le
indagini, non esitavano ad arruolare per l’occasione 007 privati in modo da bonificare gli uffici da eventuali microspie e dormire sonni tranquilli. L’ex direttore generale Lea Cosentino – è la ricostruzione dell’accusa - si sarebbe infatti rivolta a un investigatore privato, Antonio Coscia, pure lui posto ai domiciliari, per ripulire gli uffici da eventuali microspie piazzate dagli inquirenti. Per quel lavoro, che sarebbe stato condotto con il paravento formale di un altro incarico, furono liquidati complessivamente dalla Asl 72mila euro: denaro pubblico che secondo
Ieri Carabinieri e Guardia di finanza hanno arrestato con il beneficio dei domiciliari cinque persone tra le quali Lea Cosentino, ex direttrice della Asl di Bari, nota come «Lady Asl», accusata di falso e peculato, una manager che secondo il gip di Bari, Giulia Romanazzi, appartiene «a una rete politico-affaristica tuttora perdurante».
Gli investigatori hanno notificato anche due divieti e un obbligo di dimora. Negli atti dell’inchiesta spuntano i nomi di politici del centrosinistra, che non sono indagati ma secondo gli inquirenti sarebbero in qualche modo intervenuti per caldeggiare la nomina di un medico a direttore dell’unità di Allergologia dell’ospedale di Altamura, in provincia di Bari. Tra loro figura l’assessore regionale ai Trasporti, Mario Loizzo, del Pd. Nel provvedimento cautelare il gip Romanazzi mette in evidenza una telefonata del politico all’ex direttore sanitario della Asl, Giuseppe Lonardelli (anche lui finito ai domiciliari). «Il tono del Loizzo – scrive il giudice – non è quello di chi raccomanda ma di chi detta disposizioni che si devono eseguire e le detta non soltanto genericamente (“bisogna mettere mano”) ma dettagliando specificamente modi e tempi dell’attività da compiere». In quella conversazione intercettata dagli investigatori Loizzo dice, a proposito della commissione esaminatrice, che «là bisogna mettere mano di nuovo a convocare tutti!»; inoltre, nella stessa chiacchierata l’assessore precisa: «...E non facciamo perdere tempo... molto tempo!». Nel corso delle indagini sono state eseguite anche numerose perquisizioni e durante un controllo negli uffici della Asl è stata trovata, tra l’altro, una e-mail inviata da un medico alla segreteria di un parlamentare del Partito democratico, Gero Grassi, «dalla quale – scrive il gip Romanazzi – appare evidente che, per l’affidamento degli incarichi di primario ospedaliero, costituisse titolo preferenziale l’appartenenza politica dei candidati».
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